Paradisi Terrestri
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INDONESIA - LOMBOK e GILI TRAWANGAN
Siamo all’aeroporto di Singapore e, tra un gate e l’altro, sono installate delle diaboliche macchinette elettriche che fanno il massaggio a piedi, caviglie e parte del polpaccio.
E’ imperativo provare...
Così inizia l’avventura: da Singapore< a Lombok, a Gili Trawangan.
Lombok è un’isola serena e pacifica, molto meno turistica di Bali e con ritmi più lenti. E’ molto bella. Come Bali è verdissima; risaie che si alternano a coltivazioni di banane, palme, peperoncini, manioca, ananas ecc...
La gente, come sempre accogliente e sorridente,è dedita prevalentemente alla pesca e all’agricoltura. I villaggi dei pescatori lungo la costa sono veramente numerosi ed alcuni molto grandi.
E’ un mondo quasi primitivo. Sulla spiaggia sono allineate migliaia di barche e, oltre la strada, ci sono le casupole costruite con paglia e sterco di bufalo.
Il Puri Mas Beach Resort è un luogo incantevole. I bungalows sono raffinatissimi e arredati con pezzi di antiquariato. Nel giardino tropicale sono disseminate statue che, costeggiando i sentieri, ti conducono sino al mare. E’ un piccolo Eden che infonde un indescrivibile senso di pace e di serenità. Servizio ad altissimo livello e gentilezza straordinaria da parte di tutto il personale.
L’affitto di un motorino ci porta a scoprire dapprima la costa a nord. Costeggiamo il mare, con la strada che sale e che scende regalandoci scenari fantastici.
Poi svoltiamo a destra, verso l’interno e, senza averlo previsto (in realta’ ci siamo persi e, cartina alla mano, ci tocca chiedere delucidazioni) ci ritroviamo a Pusuk nella foresta delle scimmie.
Sono ovunque; lungo la strada, sugli alberi, sui paracarri. Non si scompongono minimamente anzi, quando ci fermiamo, si avvicinano speranzose in cerca di cibo. In effetti, poco più in là, dei ragazzi si divertono a distribuire noccioline. Noi, invece, non abbiamo proprio niente da dare, ma, in compenso, tutti presi a far fotografie, abbandoniamo lo zainetto sul motorino e ce ne disinteressiamo un po’ troppo a lungo. E’ un attimo; fortunatamente ci siamo girati e l’abbiamo vista... c’è mancato un pelo... Se le riusciva l’impresa, sfumavano con la scimmia nella foresta i nostri occhiali da vista (sigh!) e altre cosucce altrettanto interessanti.
A sud di Lombok la zona di Kuta è quasi deserta. Sporadici resorts e spiagge lunghissime, dorate e disabitate. Poco al largo le onde si infrangono sulla barriera corallina. Resterà così ancora per poco. I locali ci hanno detto che una Società di Abu Dhabi ha firmato un contratto con il Governo Indonesiano per avere l’escusiva a costruire per 8 anni. I lavori inizieranno nel 2009, contestualmente alla costruzione del nuovo aeroporto internazionale.
Venti minuti di motoscafo da Taluk Nara ed eccoci a Gili Trawangan.
E’ un luogo fuori dal tempo. Niente auto, niente moto, niente polizia, niente giornali. A parte il chiacchiericcio della gente ed il frangersi delle onde sulla spiaggia, gli unici rumori sono gli zoccoli dei cavallini che trainano i cidomo ed il tintinnio dei campanellini attaccati ai finimenti. I cavallini sono veramente piccoli, ma sono anche molto snelli e con le zampe slanciate.
Vivono a migliaia, allo stato brado, sull’isola di Sumbawa e vengono catturati e domati esclusivamente per trainare i cidomo.
Lungo la strada in terra battuta si allineano i piccoli resorts, i divings, i negozietti ed i ristorantini. Per tutti il fronte mare è di max 15 metri.
Poco distante dal nostro resort troviamo un localino (Wrap A Snapper) all’apparenza insignificante, ma il cui staff si rivela, dal punto di vista culinario, strepitoso. Chiediamo che per la sera ci preparino al barbecue un pescione di dimensioni esagerate che poi divideremo in due... Veniamo accontentati e, spendendo l’astronomica cifra di 7 euro, ceniamo alla grande con anche una montagna di patatine fritte di contorno. Adottiamo il locale per tutti i pranzi e le cene successive; il proprietario e’ entusiasta, ma noi di piu’ !
Per le immersioni ci appoggiamo al Trawangan Dive, un centro Padi 5 stelle che, a nostro giudizio, ne merita 10. Organizzazione perfetta, gentilissimi, accoglienti. Bakri, la nostra guida, è un po’ fuori di testa, ma è anche bravissimo.
Chiediamo per ben due volte di rifare l’immersione a Shark Point e ci accontenta. Vediamo di tutto: squali, barracuda, aquile di mare, aragoste. Alcune immersioni sono in corrente (forte) e per 40 minuti voliamo letteralmente sott’acqua vedendo passare dinnanzi agli occhi scenari stupendi. Oltre a Shark Point, tra le immersioni più belle, ci restano nel cuore Deep Turbo e Bounty Wreck.
Alla sera l’isoletta si anima. Alcuni localini espongono la scritta “Here Magic Mushrooms” (raccolgono i funghetti sulle montagne di Lombok e poi preparano dei coktails che – dicono loro – ti mandano sulla luna...). In effetti, dopo una certa ora, vedi tutti molto serafici e con un’espressione decisamente felice...
Ma una settimana vola. E’ ora di tornare a Lombok per qualche giorno, per desaturare e per vedere le cascate ed il vulcano. Poi, sempre che ci accettino al check-in con il bagaglio che ci ritroviamo (gia’, perche’ sono riusciti a venderci di tutto... se hai il cuore tenero e’ così che va inevitabilmente a finire ...).
BALI
Siamo a Sanur, nella parte meridionale di Bali, a poca distanza dalle isole di Nusa Penida e Nusa Lembongan, nostre mete di immersione.
Ad essere sinceri ci sembra di essere 'in immersione' anche quando camminiamo per la strada: il tasso di umidità è altissimo e le magliette sono perennemente inzuppate; alla sera le sciacquiamo e le stendiamo diligentemente...per ritrovarle esattamente identiche al mattino dopo...sembra siano appena uscite da una lavatrice-sola (nel senso di: sola = fregatura) nella quale è stata del tutto omessa la funziona 'centrifuga'.
Le immersioni, quelle vere, sono piuttosto impegnative.
Spesso troviamo forte corrente e il mare è quasi sempre mosso. Ma sotto lo spettacolo e’ fantastico. Vediamo, oltre alla consueta moltitudine di pesci di barriera, anche squali e mante e sperimentiamo per la prima volta le correnti ascensionali la cui gestione, all’inizio, si rivela un po’ difficoltosa. Tutte le mattine, prima di arrivare sul punto di immersione, Hari ferma la barca in mare aperto e chiede per tutti noi la benedizione degli Dei. Adagia sull’acqua un cestinetto nel quale depone un fiore di loto, un bastoncino acceso di incenso, un mucchietto di riso e un biscotto. Poi recita una preghiera. E’ un rito toccante che, dopo lo stupore iniziale, ti porta inevitabilmente a riflettere.
Tulamben si trova invece nella parte orientale di Bali. C’e’ un solo albergo, il Mimpi Resort, isolato dal resto del mondo. Qui l’attrazione principale e’ il relitto del Liberty, un mercantile armato statunitense silurato nel ’42 da un sottomarino giapponese.
La spiaggia e’stretta, leggermente inclinata e costituita da grossi ciottoli grigio scuro. Niente sabbia e acqua cristallina. Dal diving dell’albergo ci si dirige a piedi, camminando sulla spiaggia, circa 150 metri a nord e da lì si inizia l’immersione. Quando arriviamo in spiaggia, ci vengono incontro alcune ragazze e si offrono di trasportare tutta la nostra attrezzatura sino al punto di immersione. Ci chiedono 1 dollaro a persona e, francamente, siamo un pò titubanti; non ci sembra corretto caricarle come muli da soma. Tuttavia il responsabile del diving ci fa presente che è un lavoro come un altro e che qui le donne sono abituate a trasportare carichi ben più pesanti e per più volte al giorno. Detto fatto le due ragazze arrotolano una salvietta sulla testa poi, aiutandosi a vicenda, issano sul capo le bombole, fissano la cintura dei piombi in vita, mettono a tracolla i jackets e tengono in mano gli erogatori. Camminano spedite sulla spiaggia con i ciottoli che ruzzolano sotto i piedi. Roba da non credere! Noi, nel frattempo, caracolliamo al loro seguito. Indossiamo i calzari ma facciamo quasi fatica a stare in piedi. E il bello è che abbiamo in mano solo le pinne! Dire che ci sentiamo due vermi è poco... Claudio fa lo 'spiritosone' e mi informa che al ritorno in Italia le donne di Mare Blu (allieve e staff) dovranno imparare e si dovranno attrezzare (non è chiaro se pensi di pagare anche il famoso dollaro)...comunque lo sfido a proporre la cosa e lo avviso che ben difficilmente riceverà una standing ovation!
Il relitto del Liberty e’disteso quasi parallelamente alla costa; la prua e’ quasi affiorante mentre la poppa si trova a 30 metri di profondità. E’ completamente incrostato di corallo e popolato da una miriade di pesci di diverse qualità. E’ lungo in tutto 100 metri ma è spezzato in più punti ed è quindi facile entrarvi. Molto bella è anche la parete dalla parte opposta della baia che precipita per circa 40 metri su un fondale sabbioso.
Poco a sud di Tulamben vi è un’altra località poco nota: Amed.
Ci assicurano che l’immersione merita. Pochi anni fa la zona era stata completamente devastata dalla pesca effettuata con gli esplosivi poi, dopo l’intervento del Governo e gli indennizzi pagati ai pescatori in cambio del divieto di utilizzare la dinamite, i fondali sono rinati e ora è uno dei più bei punti di immersione a Bali. Saliamo in machina e, anche qui, i ragazzi del diving si fermano strada facendo davanti ad un altarino per fare la loro offerta agli Dei. Raggiungiamo il punto di immersione su di una minuscola barca a bilancere la cui larghezza è purtroppo nettamente inferiore a quella del mio posteriore. Però, siccome 'mal comune è mezzo gaudio’ mi consolo visualizzando mentalmente il momento in cui Claudio dovrà a sua volta disincastrarsi. ’SE’ riuscirà ad alzarsi ho la matematica certezza che fara’ ’ploppp’ come un tappo di sughero tolto energicamente dalla bottiglia.
Sotto di noi la parete è spettacolare e cade sino a 35 metri. Tutta l’immersione avviene in corrente ed è entusiasmante.
Ma due settimane volano. Il nostro amico taxista, assoldato in virtù della sua intraprendenza e simpatia, tutti i pomeriggi macina chilometri sulle strade asfaltate ma piene di buche e ci porta a scoprire paesaggi mozzafiato, tra montagne e vallate terrazzate a risaie.
Cosa dire di Bali?
Un mare straordinario, un verde che ti riempie gli occhi, un popolo semplice e gentile, un senso di libertà e di serenità che ti rimane dentro...per sempre.
INDONESIA: Manado, Bunaken, Tana Toraja
Eccoci a Manado. L’aereo da Singapore e’ arrivato puntualissimo. Usciamo dall’aeroporto e vediamo il nostro contatto; e’ un ragazzo giovane e sventola un cartello con i nostri nomi. Si presenta come il Manager dell’Hotel e ci accompagna al parcheggio dove ci aspetta una specie di Prinz. Il Manager viene colto da un attacco di panico: siamo in 3 con due valige che valgono, per dimensioni, quanto altre due persone. Ovviamente non c’è il portapacchi. Cerchiamo di rassicurarlo e troviamo li modo di incastrarci nell’auto con i bagagli che ci sovrastano. Poi il ragazzo, un po’ titubante, ci informa che in albergo vi sono altri ospiti. Dice che fanno parte di una squadra di calcio proveniente da Irian Jaya e che si trovano a Manado in ritiro. Prosegue dicendo che, a parte loro, noi siamo gli unici ospiti dell’albergo. A dirla tutta, il Presidente della squadra di calcio voleva tutto l’hotel per i giocatori, i tecnici, i medici ed il resto dello staff ma, visto che noi avevamo prenotato due mesi prima, alla fine, seppur a malincuore, si era dovuto rassegnare. Tra l’altro sembra che l’unica stanza con aria condizionata del Kolongan Beach Hotel sia stata riservata a noi anziché a lui ……’He is really very disappointed’……conclude il Manager.
Leggo sul volto di Claudio la solita muta e disperata domanda dei momenti difficili; 'ma perche’ cavolo non hai prenotato tramite un tour operator italiano come fanno tutte le persone normali ?'
Quando arriviamo all’albergo e’ quasi buio; della squadra di calcio nessuna traccia (e neanche del 'disappointed' Presidente). Siamo un po’ cotti e quindi facciamo una doccia e andiamo a dormire.
Il mattino dopo … sorpresa … Ore 5.30; dei fischi laceranti squarciano l’aria interrompendo il nostro beato sonno. Guardo fuori dalla finestra. Il giardinetto centrale, intorno al quale si aprono le porte delle camere, e’ affollato di ragazzoni di carnagione scura, in pantaloncini e canotta. Fanno ginnastica al ritmo di un fischietto che, appeso al collo dell’allenatore, si trasforma, per quanto ci riguarda, in un’arma letale. Il rito si ripetera’ tutti i giorni successivi. E pensare che doveva essere una settimana rilassante ! Però la convivenza con gli atleti si rivela piacevole e divertente. Per due giorni ci guardiamo e ci studiamo, reciprocamente incuriositi; poi il loro Presidente, con un gesto di magnanimita’ e perdono (beh, in fondo gli avevamo fregato la stanza !) dopo cena ci invita al loro tavolo e a questo punto il ghiaccio e’ rotto.
Passiamo il resto della serata a disegnare su tovaglioli di carta approssimate cartine del mondo, dell’Europa e dell’Italia per fargli capire da dove veniamo. Grandi sorrisi e cenni di assenso; loro disegnano tutta l’Indonesia e ci raccontano della loro isola e delle loro famiglie. Ci fanno anche assaggiare degli strani dolcetti fatti in casa. La conversazione e’ un po’ difficile; parlano un inglese minimale, ma c’è un linguaggio inequivocabile, quello del cuore, che ti consente di entrare in sintonia e di capirti con chiunque, basta volerlo.
Il Mapia Resort, dove si trova il Celebes Diving e’ abbastanza vicino ed e’ gestito da italiani. Sono fantastici !
Il parco marino di Bunaken e’ straordinario per la ricchezza e la biodiversita’ dei reefs.
Fa parte del cosiddetto 'Triangolo d’oro', la zona dell’Indo-pacifico considerata l’epicentro mondiale della biodiversità, i cui vertici sono costituiti, a grandi linee, da Papua, Filippine e Malesia.
La microfauna di questo posto ha dell’incredibile: pesci simili a merletti, granchi, rarissimi nudibranchi e il famoso ghost pipe fish. E’ un ecosistema possibile grazie alla temperatura dell’acqua che ha una media costante di 29-30 gradi, all’abbondanza di plancton e al fatto che i mari intorno a questa zona raggiungono profondità elevatissime anche a pochi chilometri dalla costa, rendendo possibile un continuo ricambio di acqua, pulita e ricca di nutrimento.
Anche la baia di Manado, dominata dall’isola vulcanica di Manado Tua e dal vulcano Klabat, e’ veramente suggestiva.
Alla quarta immersione ci imbattiamo nel mitico cavalluccio marino pigmeo. Il nostro divemaster indonesiano e’ bravissimo: ci indica ripetutamente il punto in cui si trova. Io non vedo niente !
Di nuovo si sbraccia e indica … boh, sa il Cielo che cosa !
Per non fare la figura della tonta baro spudoratamente e annuisco gioiosa, probabilmente con un’espressione un tantino troppo idiota.
Lui capisce che non ho ancora visto un tubo e allora mette la sua mano dietro al microcavalluccio … finalmente lo vedo ! (ma dai !!! era piccolo come l’unghia del mignolo !!).
Ma non siamo venuti fin qui solo per andare sott’acqua. L’isola di Sulawesi e’ molto estesa; il territorio e’ di circa 227.000 km e si estende tra il Kalimatan e le Molucche. Dopo una settimana a Manado, tra i bofonchi di Claudio, che ormai aveva trovato il suo habitat, e gli abbracci dei calciatori, prendiamo un aereo per Ujung Pandang (sud di Sulawesi) e ci trasferiamo nella regione di Tana Toraja.
Qui vivono i Toraja, una minoranza etnica le cui tradizioni, abitazioni e cerimonie sono uniche al mondo.
Si narra che questo popolo giunse dal nord, dal mare, e si stabilì inizialmente nella parte costiera. Poi l’arrivo di altri popoli li costrinse a rifugiarsi nelle montagne. Forse proprio per questo motivo le loro straordinarie abitazioni, chiamate tongkonan, costruite su palafitte, sono caratterizzate da un tetto imponente che ricorda un’imbarcazione. Le estremità rialzate rappresentano la prua e la poppa. Secondo la leggenda, i Toraja portarono le loro imbarcazioni sulle colline e le capovolsero per usarle come riparo.
La regione di Tana Toraja e’ molto vasta e di una bellezza selvaggia, tuttora incontaminata. I mercati delle cittadine sono una baraonda di colori e di suoni. Numerosissimi i maiali – tutti legati a terra con fasce di bambù affinche’ i compratori possano esaminarli a loro piacere - e i bufali, simbolo di prestigio sociale. Sono gli stessi animali che verranno sacrificati durante le cerimonie funebri.
I Toraja sono venuti in contatto con il mondo occidentale solo all’inizio del XX secolo; per la maggior parte sono tuttora animisti e praticano il culto degli antenati e degli spiriti. Credono che, in assenza di adeguati riti funebri, lo spirito del defunto procurera’ disgrazie alla sua famiglia. Celebrano in genere due funerali; uno subito dopo la morte e l’altro dopo che è trascorso un periodo di tempo sufficiente per portare a termine tutti i preparativi (a volte passano anni). Il corpo del defunto – imbalsamato – rimane nella casa in cui e’ avvenuto il decesso fino al funerale finale. Per tutto il periodo viene regolarmente cucinato del cibo da offrire al defunto e, se di stirpe nobile, un accompagnatore/guardiano gli resta accanto sino al giorno della sepoltura.
Rendere visita a un defunto è un onore e, infatti, la nostra guida ha pensato di renderci omaggio portandoci a casa sua dove, avvolta in un tappeto, si trovava – da circa due anni - la salma si suo nonno.
…… ma questa cosa l’abbiamo capita quando ormai era troppo tardi per avere una qualsiasi reazione...
Comunque, prima di andarsene, bisogna ricordarsi di ringraziare il defunto e bisogna chiedergli il permesso di congedarsi.
Nel nostro caso, ci è stato chiesto di scattare anche una foto per testimoniare che il nonno era ancora parte integrante della famiglia.
I Toraja credono che le anime dei defunti giungano in Paradiso a cavallo dei bufali e dei maiali che sono stati immolati durante la cerimonia funebre.
Piu’ importante è il defunto e maggiore è il numero di bufali che si devono sacrificare. Le cerimonie funebri durano diversi giorni e coinvolgono centinaia di ospiti e... di turisti.
Tutti devono portare dei doni. Nel corso del nostro tour, siamo stati invitati ad una cerimonia e, per non offendere nessuno, abbiamo accettato portando in dono una stecca di sigarette (sorvolo sulla precedente, animata discussione sul “che cosa gli portiamo?”, ... era stata surreale).
Danze tradizionali, canti e sacrifici si sono susseguiti ma, quando è iniziata la preparazione dei maiali, fiammeggiati su di un falò, sventrati e tagliati a pezzi per essere cucinati (il tutto a 2 metri di distanza da noi), io ho ringraziato calorosamente per l’onore concessomi e mi sono dileguata.
I Toraja pensano anche che si possano portare nell’Al di Là i propri averi e quindi i defunti vengono sepolti con molti oggetti di valore in nicchie e caverne scavate nella roccia.
All’ingresso, sulle balconate, vengono posizionati i 'tau tau', statue in legno a grandezza naturale che rappresentano i defunti.